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Siri: "Cuore e coraggio per l’Italia"

  • Il Populista2017-05-04

Full immersion con il noto economista sui temi più scottanti sull’attualità economico-politica del Paese. Lo abbiamo intervistato e ci ha detto che...

Introdurre una intervista del Responsabile Economia e Formazione della Lega - Noi con Salvini, Armando Siri, mi è sempre compito impegnativo. Non fosse altro perché ogni spiegazione ulteriore, risulta ridondante e artificiosa. Scorrendo tra le righe di questo lungo percorso attraverso la natura più profonda delle luci e delle ombre su cui siamo in bilico, vi accorgerete da soli della rotondità, della completezza dell’informazione come direbbero i manuali di deontologia professionale.

Ricordate la storia dei tre porcellini? La politica è come una favola per bambini, in cui i più costruiscono la fragile casetta di bambù o la non risolutiva di legno. Ma in pochi hanno le solide fondamenta di mattoni, la costruzione logica e passionale assieme, che accende le idee, il pensiero e dà risposte concrete alle esigenze del popolo.

Mettiamo qualche mattoncino in più...

Siri, partiamo da un tema caldo, da poco è passata la festa dei lavoratori e lo strascico di polemiche investe Alitalia. Possibile che dopo avere gettato a mare 8 miliardi di euro in quarant’anni, si debba liquidare e licenziare 12mila dipendenti? Lei vede un altro orizzonte?

Alitalia era la compagnia di bandiera italiana, rappresentava la flotta aerea civile dello Stato e nel 1993, dopo numerosi successi, era la terza compagnia europea dopo Lufthansa e British. Poi è cambiato il mondo. Gli Stati dovevano essere smontati pezzo per pezzo a favore del libero mercato, dei privati e dei profitti ad ogni costo.

È cominciata così anche per Alitalia, come per tutti i comparti strategici e non riferibili all’IRI, una gigantesca campagna di delegittimazione e disinformazione. Si è cominciato a far passare l’idea che tutto ciò che fosse riferibile all’interesse diretto dello Stato in economia, fosse fallimentare e dovesse essere abbandonato. Così Telecom, Credito Italiano, Banca Commerciale italiana, Banco di Roma, Banca Nazionale del Lavoro, parte di Eni e di Enel. La SME nel settore alimentare, alcune assicurazioni e molti altri rami dell’economia reale del nostro Paese, compresa Alitalia, hanno cominciato ad essere svenduti e ceduti a prezzo di realizzo a gruppi privati, le cui due-diligence (performance di bilancio, ndr), venivano realizzate a caro prezzo da grandi banche d’affari straniere.

Al capezzale di Alitalia - che sicuramente poteva e doveva migliorare la propria gestione - sono arrivati i “capitani coraggiosi” che con i soldi delle Banche (siamo passati dal sostenere le operazioni con i soldi dei contribuenti a quelle con i soldi dei risparmiatori, ma sempre italiani sono) hanno rilevato la Compagnia.

Che cosa hanno fatto? Beh, da buoni commercianti, senza probabilmente capire nulla del settore, hanno cancellato le rotte, soprattutto quelle a lungo raggio, hanno abbandonato Malpensa a favore delle low cost e, così facendo, da una parte hanno diminuito i costi ma dall’altra hanno anche dimezzato il fatturato. Ah, ovviamente hanno licenziato migliaia di persone che hanno messo sulle spalle dei contribuenti.

In realtà ad Alitalia non serviva granché, se non una bella riorganizzazione interna e poteva tranquillamente rimanere dello Stato, ossia l’unico che potesse garantire la prosecuzione ed il sostegno di un progetto ambizioso e prestigioso come quello di portare in Italia i passeggeri di tutto il mondo.

Per un Paese a vocazione turistica come il nostro, la Compagnia Aerea nazionale è un asset strategico. C’erano troppi dipendenti? Adesso che li abbiamo licenziati e paghiamo loro la cassa integrazione cos’è cambiato per lo Stato? Niente, non abbiamo più la Compagnia di bandiera, i privati l’hanno massacrata e ridotta ai minimi termini e adesso ci chiedono altri soldi per salvarla, mantenendola di loro proprietà. Cosa abbiamo scritto in faccia, scemi?

Anche gli arabi che dovevano essere i salvatori della patria (sic!) vogliono scappare a gambe levate dopo che anche loro hanno combinato guai a non finire facendosi tra l’altro dare a garanzia dell’investimento molte slot preziose. Insomma, Aliltalia sedotta e abbandonata, è lasciata al proprio destino in un Paese dove nessuno ha un minimo di sentimento nazionale e di amor di Patria.

Oggi l’unica soluzione sensata sarebbe liquidare la compagnia, prendere tutte le slot e gli aeromobili a garanzia del denaro pubblico investito e nazionalizzare un nuovo vettore, una nuova Alitalia pubblica, di cui tutto il Paese possa tornare a essere fiero come un tempo. Certo, lo si potrà fare se ci sarà la forza di un popolo che anziché lobotomizzarsi con il cellulare e su Facebook, sia in grado di rivendicare la propria sovranità e i propri interessi vitali.

Il Governo inglese ha varato una aliquota unica per le società al 17%, la Flat Tax sta prendendo piede anche in Paesi più simili al nostro. Lei il 25 Aprile lo ha passato con i consiglieri economici della May, come il Paese si prepara al voto anticipato?

La Gran Bretagna è un reame, il Regno Unito sotto la corona Windsor. Inutile fare paragoni. Siamo lontani anni luce dal loro senso di Stato e di Nazione. Gli inglesi sono molto meno creativi di noi, ma sono molto più attenti alle loro prerogative ed ai loro interessi.

Sono più coraggiosi, sono un popolo. Hanno deciso di lasciare la UE e non l’Europa, dove continuano a restare vista la posizione geografica, ma non confondono le cose. L’Europa è un conto, la UE è un altro, e un Paese il cui Sovrano è a capo del Commonwelth, ovvero un sistema economico di oltre 50 Paesi nel mondo, nell’Unione Europea (nella quale non è mai davvero entrata del tutto), ha trovato solo ostacoli alla propria crescita.

Oggi la Gran Bretagna potrà essere libera di diventare l’Hub europeo più ambito da molti Paesi, soprattutto dell’Oriente, Medio Oriente e Africa, che avrebbero rappresentato un ostacolo per via delle regole europee.

Lo sviluppo parte dalla drastica riduzione delle imposte, lo ha capito la May, il ministro Cancelliere dello Scacchiere Hammond che ha approvato la Flat Tax al 17%, e lo ha capito soprattutto Trump negli Stati Uniti che l’ha introdotta al 15%.

I Paesi anglosassoni che ormai ci dominano sia economicamente sia culturalmente (basti pensare che parliamo tutti inglese o dobbiamo farlo per non essere tagliati fuori dal mondo), dimostrano di essere più avanti di noi. Quando ci arriveremo, se ci arriveremo, dopo aver dibattuto all’infinito, rischieremo che la Flat Tax sia già passata di moda.

Per questo serve una classe politica coraggiosa, capace di interpretare le esigenze del momento presente e valorizzarle al massimo senza aspettare ulteriormente. In Gran Bretagna ci sono politici con idee chiare e il coraggio di portarle fino in fondo, il voto anticipato si è deciso in 24 ore senza paura di “cosa dirà l’Europa”, di “cosa diranno i mercati” o di cosa dirà questo e quello. Oggi il coraggio premia, e la May e il suo Governo saranno premiati. Dopo le elezioni cominceremo un tavolo di confronto sulle idee comuni.

In Francia lo scontro è tra la visione globalista di Macron e quella Nazionalista della Le Pen. Però l’elettorato cosiddetto moderato è ancora spaventato dall’uscita dall’euro, tant’è che adesso Marine smussa con la proposta di una doppia circolazione monetaria. Può dare reale ossigeno all’economia tornare al conio nazionale?

A differenza della Gran Bretagna, sia l’Italia che la Francia purtroppo sono nell’Eurozona e quindi hanno ceduto un pezzo importantissimo di sovranità nazionale. Questo rende più difficile un divorzio a senso unico perché, sia la Francia che l’Italia, sono Paesi in cui molti cittadini hanno qualcosa da perdere, o pensano di averne.

È proprio sulla paura che questa Europa sta ancora unita, non sulla pace e sulla giustizia sociale. Chi possiede una casa, uno stipendio, una pensione o ha dei risparmi da difendere (e sono la maggioranza, non si sa se purtroppo o per fortuna) teme di perdere ciò che è di sua proprietà, e le questioni personali si sa che vengono prima di quelle generali, pubbliche, collettive ancorché siano collegate al proprio futuro di Paese, di economia e di Nazione.

Ritornare alle monete nazionali significherebbe rimettere in discussione tutta l’impostazione della globalizzazione che ha avuto ed ha tuttora come obiettivo quello di smontare gli Stati a favore del libero mercato. La costruzione di una grande Gilda (corporazione, ndr) mondiale senza regole, se non quelle del profitto. Del resto, venendo meno la consapevolezza di essere cittadini, si rafforza invece la condizione di consumatori propedeutica a un regime esclusivo di mercato, privo di ogni finalità se non il profitto.

Nessuna creatività, nessun mecenatismo (sostegno economico ad attività artistiche o culturali, ndr), nessuna opera d’arte. Un mondo brutto. Del resto basta guardarsi attorno. È un po’ che di Giotto, di Michelangelo e di Raffaello non se ne vedono in giro, ma neppure di musicisti, attori, cantanti, belle sceneggiature, belle architetture. Tutto è tristemente uguale ovunque, tutto senza anima, senza colore, senza personalità. E chi ci fa caso? Consciamente nessuno, ma inconsciamente il disagio sale alle stelle, basta guardare le statistiche e vedere in che condizioni stanno le persone, soprattutto i giovani.

Sarà difficile per la Le Pen avere la meglio su questa paura, però non è detta l’ultima parola. Di fronte all’imbarazzante vuoto di Macron, può darsi che i francesi abbiano uno scatto di fierezza nazionale e decidano che valga la pena prendersi in mano il proprio futuro piuttosto che lasciarlo in quelle di questo individuo. Però ripeto, se un Paese ferito da diversi attentanti e stragi efferate come la Francia mostra le sue perplessità, di strada da fare ce n’è ancora molta.

"Sarebbe complicatissima perché richiederebbe un forte aumento delle detrazioni per mantenere la progressività dell'imposta. E le detrazioni nel nostro Paese sono già moltissime." Così si è espressa sulla “Tassa Piatta” la direttrice dell’Agenzia delle Entrate Orlandi. È davvero così arduo mettere mano al fisco?

La Orlandi, come molti altri che parlano della Flat Tax, prima di parlare dovrebbe studiare. Invece come al solito la maggior parte dei detrattori si esprime con pregiudizio e ignoranza. Il nostro progetto prevede la totale abolizione delle detrazioni, che vengono sostituite da una deduzione fissa pari a 3.000 euro per ottenere la progressività dell’imposta, come è spiegato nelle 198 pagine del libro che ho scritto proprio perché fosse un terreno di confronto costruttivo, per un Paese che aspetta di guarire dalla malattia della stagnazione e che non si accontenta che siano curati solo i sintomi. Chiunque voglia approfondire può andare sul sito www.tassaunica.it

Renzi ha stravinto le primarie del PD, eppure restano molte perplessità sulle consultazioni aperte a tutti. La Lega il prossimo 21 Maggio terrà il suo Congresso, dove invece le regole per votare sono molto ferree e circoscritte ai militanti regolarmente censiti. Quantità o qualità, secondo lei come bisogna approcciarsi alla società civile?

Bah, di civile non so se sia rimasto qualcosa nella Società. Forse qualcuno è rimasto civile, ma tendenzialmente cerca di stare alla larga dalle faide politiche. Un bel problema purtroppo per la Politica che dovrebbe essere la sintesi dei talenti e riunire i migliori. Come sempre alle primarie del PD hanno votato individui improbabili, stranieri, cinesi, imbucati, assoldati, di tutto.

In questo la Lega conserva una sua coerenza da partito figlio del ‘900, è una realtà chiusa in se stessa, ma allo stesso tempo garantisce la genuinità del progetto politico. Di certo per tutti dovrebbe valere l’obiettivo di poter coinvolgere non i “tecnici”, come erroneamente sono definiti all’interno dei partiti quelli che conoscono l’alfabeto fino in fondo, ma i “migliori”.

Questi debbono essere politici, non specialisti della materia, ma donne e uomini carichi di entusiasmo, di talenti e doti, di visione sul futuro, di interessi per l’Uomo e la sua evoluzione, uomini di pensiero e di cuore. In questo la Lega, nonostante i detrattori, dimostra di essere un partito avanguardista, un partito laico e aperto alle contaminazioni ed alle diversità.

Se proseguirà in questo suo cammino, non potrà che rafforzarsi e diventare sempre più il punto di riferimento di chi vuole un cambiamento vero, partendo da se stessi. Perché naturalmente non si può chiedere a nessuno, tantomeno ai politici, di essere migliori di noi che li eleggiamo. Si chiama consapevolezza, non è difficile. Con la guida di Matteo Salvini che ha doti intuitive fuori dal comune, la Lega non potrà che crescere.

Il 6-7 Maggio chiude il secondo anno dei “master” della Scuola di Formazione Politica a Milano. Ormai è un cammino che ha preso piede e si dirama nel tempo e nello spazio. Lo stesso Salvini pare entusiasta del progetto. L’ambizione è andare al Governo preparati, o sbaglio?

Siamo l’unica organizzazione politica ad avere una vera Scuola di Formazione, da non confondere con i convegni che vengono fatti in un determinato periodo dell’anno e spacciati come Scuole. Questo ci rende fieri ed entusiasti.

Matteo Salvini ci ha creduto ed ha sostenuto il progetto, ed è grazie a lui che stiamo mettendo in cantiere il terzo anno. In tutto abbiamo già formato quasi mille persone, non tutti militanti della Lega, alcuni solo simpatizzanti o curiosi che si sono approcciati alla Scuola con l’intento di conoscere più da vicino la politica.

Indipendentemente da quello che sarà l’impegno attivo nella società, è importante approfondire argomenti di cui tutti dovrebbero nutrirsi per essere cittadini consapevoli e preparati. La responsabilità di una Società migliore è la nostra e non possiamo pensare di esaurirla soltanto delegandola con il voto.

 

Formare poi la classe dirigente dovrebbe essere l’obiettivo primario di ogni organizzazione politica, affinché nel momento in cui si è chiamati ad avere responsabilità di gestione della cosa pubblica si abbiano le competenze necessarie per poter agire al meglio nell’interesse della collettività.