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«Ora flat tax per il 90% degli italiani»

  • La Verità2019-07-22

L’ex sottosegretario ritorna protagonista al fianco di Salvini per realizzare la fase 2 della riduzione fiscale «Dopo le partite Iva, tocca alle famiglie: 13 miliardi in meno da pagare. Le coperture? Ecco come faremo»

 

Il senatore Armando Siri non è più sottosegretario alle Infrastrutture. È stato però confermato da Matteo Salvini («è stato un gigante anche umanamente nei miei confronti») come parte integrante della squadra economica della Lega. Com’è noto, è uno dei papà della flat tax leghista. E di questo - solo di questo - vuole discutere, tenendosi a distanza dalla questione giudiziaria che lo riguarda, per rispetto verso gli organi inquirenti e per doveroso riserbo. Ma si intuisce il dolore della persona e la preoccupazione di un garantista verso una politica indifferente al rischio che siano travolti i diritti di chiunque, non solo i suoi («ci vorrebbe un Marco Pannella in questo Parlamento: è come se l’articolo 27 della Costituzione, quello sulla presunzione di innocenza, fosse stato dimenticato…»).

 

Senatore, ha il rimpianto che nella prima manovra della legislatura (a parte il lodevole primo step di f l at tax per professionisti, partite Iva e Pmi), non abbiate deciso di puntare tutto sulla f l at tax, cioè di farla tutta e subito?

«Sarebbe stata una scelta che avrebbe segnato una grande rivoluzione. Fosse dipeso solo da me, avrei sicuramente investito sulla flat tax tutte le risorse, senza paura. Tagliare le tasse vuol dire far ripartire i consumi, la produzione, il lavoro, il Pil».

 

Senza polemica verso il M5s. È stato saggio impiegare tante risorse per il reddito di cittadinanza? Immagini di essere un osservatore straniero.

«Prima del 4 marzo, sono stato alla City di Londra a incontrare gli investitori stranieri, e ho illustrato la nostra idea di flat tax. Ho ricevuto sostegno unanime. Qualcuno si era proposto di sostenere un social bond a 5 anni, se l’Italia avesse portato le tasse per tutti al 15%».

 

Stavolta si fa per davvero?

«Dopo la fase 1 della scorsa manovra, si fa una fase 2. Non è ancora la flat tax che ho nel cuore, riguarda una fascia (per quanto ampia, anzi amplissima) di contribuenti, ma non ancora il 100%. Punto al 90%».

 

Intuisco che lo scontro vero con l’Ue sarà su questo.

«Ho una mia teoria. I conflitti sono generati dagli equivoci e dai non detti. Affinché l’Ue venga convinta, e io credo che possa esserlo, occorre in primo luogo che chi va a raccontare il nostro progetto ne sia a sua volta convinto».

 

Vede convincimenti zoppicanti nel governo?

«Diciamo che ci sono visioni e sfumature diverse. Sento che alcuni parlano di riduzione del cuneo fiscale al posto della flat tax. Ma sono sbalordito: perché la flat tax è la riduzione del cuneo fiscale, la più grande che possa esserci. A meno che non si riferiscano al cuneo previdenziale…».

 

Ma non sarà che il M5satte n d e la chiusura della finestra elettorale, per poi inventarsi obiezioni di tutti i tipi?

«Mi auguro di no, una cosa del genere farebbe male al Paese. Sono convinto che la maggior parte degli elettori una grande riduzione di tasse se l’aspetti. Ed è parte di quel contratto di governo che è il pilastro che regge questa maggioranza».

 

Descriviamo la proposta leghista. Come sarà questa fase 2 della flat tax?

«Flat tax al 15% per i redditi familiari fino a 55.000 euro per le famiglie monoreddito. Fino a 65.000 per le famiglie bireddito con figli. Fino a 30.000 euro per i single. Tutti al 15%».

 

Se sommiamo queste misure alla flat tax della fase 1 (quella per pmi, partite Iva e professionisti) che nel 2019 aveva il tetto a 65.000 euro, e nel 2020 arriverà a 100.000, si arriva a un risultato enorme. Secondo i miei calcoli, si arriverebbe a coprire quasi tre contribuenti su quattro… Su un risultato così storico, non le pare che la maggioranza dovrebbe essere compatta, e che le opposizioni dovrebbero sfidarvi a farlo davvero?

«In un Paese normale andrebbe certamente così. Ma volte c’è qualcosa che intralcia i propositi più importanti e grandi».

 

Elenchiamo una raffica di obiezioni. Primo: caro Siri, ottima proposta, però alla fine ve la spalmano su più anni, ve la depotenziano, ve la sminuzzano, riducendo l’impatto della frustata.

«Ah, io sono certamente per una frustata forte all’economia. Ma questo non è un governo monocolore leghista, occorre trovare una sintesi. Devo però dire che, in ogni caso, si tratta di un provvedimento molto robusto. Non sarà una frustata al 100%, ma genererà un effetto importante. E soprattutto indica una di rezione di marcia per poi arrivare anche a una fase 3».

 

Altra obiezione. Ci sono da disinnescare le clausole di salvaguardia per 23 miliardi. Domanda: riuscirete a negoziare con Bruxelles per rinviarle di un altro anno?

«Questo sarebbe certamente di buon senso. A maggior ragione in presenza di una manovra che incide in modo positivo sulla crescita. A differenza della manovra dell’anno scorso, che, pur positiva, aveva soprattutto un carattere socioassistenziale».

 

Luigi Di Maio teme che vogliate togliere gli 80 euro renziani.

«A parte che gli 80 euro sono dei cittadini, non di Matteo Renzi…Abbiamo detto mille volte, e lo ripeto, che cambierà solo il computo contabile di quelle somme, che saranno conteggiate non più come maggiori spesa ma come minori tasse. Non vogliamo togliere alcun beneficio a chi attualmente lo percepisce».

 

Altra contestazione (questa fondata: di impronta liberale). C’è il rischio che, stabilendo una soglia per accedere al regime fiscale di favore, non incentiviate a guadagnare di più. Avete previsto una flat tax applicabile agli incrementi di reddito?

«Le do una notizia: sì, per ciò che riguarda i professionisti. Già si passa da 65.000 a 100.000 come tetto, ma se poi il mio reddito a un certo punto sale da 100 a 120, anche su quell’incremento in più si applicherà il 15%, nella nostra ipotesi».

 

Un rischio: giustamente, dovrete intervenire sulle tax expenditures. Qualcuno teme che tutto si risolva in uno zero a zero: tanto ti levo di tasse, e tanto ti tolgo come agevolazioni fiscali.

«Assolutamente no. Non avrebbe senso un’operazione del genere, una mera partita di giro. E comunque ricordo a tutti che il meccanismo sarà opzionale. Ognuno potrà scegliere se gli conviene di più la flat tax al 15% senza alcune detrazioni, o la vecchia tassazione con le vecchie detrazioni».

 

Ma quanta sarà la differenza, per evitare la partita di giro?

«Le do un numero: 13 miliardi di beneficio per i contribuenti».

 

Chi apprezza la flat tax sa che non si dovrebbe porre il problema del mancato gettito, perché semmai la flat tax fa emergere nuovo imponibile. Ma qualcuno ha sparato la cifra di 70 miliardi di mancate entrate il primo anno.

«Non vedo proprio perché. Ci sarà l’emersione di nuovo imponibile. Soprattutto ripartiranno i consumi. E poi la flat tax funzionerà anche come lotta all’evasione, facendo emergere tanto sommerso. Lo spirito che ci muove è tenere insieme la riduzione fiscale con la fedeltà fiscale».

 

Quindi sarà un’operazione che gioverà anche al gettito, facendo il paio con gli aumenti di entrate Iva determinati dalla fatturazione elettronica?

«Sono cose diverse, ma l’effetto è quello. Avremo emersione di pratiche sommerse e tanta spinta al lavoro».

 

Veniamo al doloroso capitolo delle coperture. Sbaglio se prevedo un mix di quattro voci? Un po’ di tagli alle tax expenditures, un po’di nuovo deficit, un po’ di tagli lineari ai ministeri, e un po’ di tagli agli acquisti di beni e servizi della Pa?

«Direi: un po’ di interventi sulle tax expenditures (ma come abbiamo detto: senza partite di giro), un p o’ di recupero di evasione, un po’ di deficit, e forse limitati tagli ai ministeri (solo laddove possibile: e senza mai ridurre i servizi ai cittadini, sia chiaro)».

 

I grillini vogliono un mix di flat tax e interventi sul cuneo fiscale. Lei ci ha già detto che parlate della stessa cosa.

«Appunto, non vuol dire niente. A meno che non stiano pensando al cuneo previdenziale, cioè a quella parte del costo del lavoro che è a carico delle imprese per pagare la previdenza. Quella è una questione delicata, perché incide sui trattamenti pensionistici: se abbasso il carico, riduco gli apporti pensionistici… Intervenire lì sarebbe complesso».

 

Quindi?

«Vedo difficile fare entrambe le cose in questa manovra. Sarebbe naturalmente utilissimo. Ma un doppio intervento su cuneo fiscale e cuneo previdenziale non è semplice».

 

Vogliamo ribadire la regola generale dell’opzionalità tra vecchio e nuovo regime?

«È un punto essenziale. Siamo in una fase di mutamento, all’interno di un sistema fiscale molto complesso, e quindi è giusto avere gradualità, e consentire a ciascuno di fare le proprie valutazioni».

 

Non sarebbe il caso di aprire per tutti i contribuenti un regime che definirei di «dialogo fiscale»? Un onesto modo di «trattare» con il fisco. La mia impresa, nei prossimi tre anni, può pagare questo…

«Sarebbe un atto di grande civiltà. Qui invece vige ancora l’inversione dell’onere della prova, si presume che il contribuente abbia sempre torto, e la sensazione dei cittadini non è mai quella di un rapporto alla pari, ma quella di una vessazione».

 

Un’ultima cosa. Le hanno contestato perfino la partecipazione a una riunione con le parti sociali. Quindi lei può fare il senatore, secondo i suoi avversari, purché muto e invisibile. Se invece parla e fa attività politica, la attaccano. Non è un po’ipocrita tutto ciò?

(Sorride amaramente). «Cosa posso dire? No comment. Però al Senato il mio voto lo conteggiano ancora…».